Nel ’800, lo sappiamo, i trasporti di merci e persone fra i continenti avvenivano con le navi a vela, e i tempi non si misuravano certo in ore o in giorni, ma in settimane o mesi. Se molti vini liquorosi, come il Marsala o il porto, furono creati proprio per questa ragione, aggiungendo alcool ai vini per favorirne la conservazione, la lunghezza di questo tipo di viaggi è stata protagonista anche di una involontaria scoperta nel mondo del caffè.
Quando i velieri inglesi che arrivavano dall’India scaricavano i sacchi di caffè nel porto di Londra, gli agenti e i commercianti si accorgevano che spesso, sulla superficie del chicco si era formata una patina giallastra. Visto i costi e le complicazioni del trasporto buttare il caffè che arrivava così “ingiallito” non era facile, e si provò ad utilizzarlo comunque, ottenendo, una volta tostato e preparato, una bevanda che si presentava particolarmente intensa e speziata, decisamente corposa; era nato il caffè monsonato.
O meglio, era nata la sua intuizione, perché non si tardò a lungo a capire che il segreto di questo caffè così particolare stava nella patina giallastra, praticamente una muffa, che si sviluppava sulla superficie del caffè in seguito all’umidità salsa che investiva il caffè durante il lungo trasporto per mare.
A quel punto, e soprattutto quando il trasporto delle merci per mare cominciò ad essere effettuato con le più veloci navi a vapore, i produttori di caffè indiani furono sempre più tentati dal produrre questo caffè direttamente nelle piantagioni, e quale miglior clima umido si poteva avere in India, se non durante la stagione delle pioggia tropicali, i monsoni? I produttori di caffè cominciarono a stoccare il caffè in grandi magazzini senza pareti, in modo che il caffè fosse colpito quasi direttamente dalle piogge monsoniche e sviluppasse la famosa patina.
I tempi moderni, si sa, portano sempre cambiamenti, e negli ultimi anni il caffè monsonato si produce senza aspettare i monsoni, semplicemente esponendo il caffè a degli umidificatori. Fondamentale, sia con metodi vecchi che nuovi, è rimuovere il caffè in fase di umidificazione, in modo da evitare fermentazioni indesiderate.
Tratto dall'articolo dell’11 ottobre 2011 dal blog “il caffè espresso italiano”
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